Verde Oltre Mare #reloaded

 

 Verde   Antonella

               Tomei

  Oltre

 

 Mare    

    #reloaded

 

 I am the part the Experiment uses to begin 

I follow the paint in motion, follow the natural equilibrium.  

I listen to the color drawing, pointing my direction.

                 The weaving, the texture...

I twist them, entangle them, interlace them willingly, measuring their true limits.

Art is the perfect science.                                                           

                                         Art doesn’t need us to Be.

       White is added, rarely obtained.

Any composition becomes to me a scheme, a framework.

From August 29th to September 3rd 2017 the Forte Sangallo in Nettuno will be introducing the solo art exhibition Antonella Tomei, Verde Oltre Mare #reloaded, an exceptional event showing more than 20 wide paintings scenically enshrined with the patronage of the City in the historical renaissance fortress of the Borgias that overlooks the Tyrrhenian coast.

Dal 29 agosto al 3 settembre 2017 il Forte Sangallo di Nettuno aprirà al pubblico le porte della mostra Antonella Tomei, Verde Oltre Mare #reloaded, un allestimento di oltre venti opere pittoriche di grande formato, scenograficamente ospitate, con il patrocinio del Comune, nella storica fortezza cinquecentesca voluta dai Borgia e affacciata sul litorale tirrenico.

L'estate dell'arte contemporanea in anteprima. Ad un mese dal vernissage parliamo con l’artista della sua più recente produzione.

23.01: Racconta te stessa in un sostantivo.

A.T.: Sono parte integrante dell'esperimento. Sono il motore che l'Esperimento usa per iniziare ad esistere, dopo aver isolato il suo personale DNA da quanto è già presente in natura. 

23.01: A chi ha seguito la crescita della tua produzione è evidente un cambiamento compositivo che non può prescindere da una diversa chiave di lettura della realtà: da composizioni estese, articolate, modulate sulla creazione di un mondo completo in tutti i suoi aspetti e denso di particolari, sei arrivata a concentrarti su un unico soggetto, ad espanderlo, a far sì che il singolo particolare contenga l'intero. Puoi raccontarci questo percorso?

A.T.: Si tratta di sperimentazione. Esperimenti, miscugli, contaminazioni e conseguenti reazioni che generano realtà già presenti in natura, un DNA circolante, per il quale io cerco solo la collocazione conseguente. All'inizio il percorso era differente. L' approccio, soprattutto alle opere di vernice su polistirene, era esso stesso un esperimento: si trattava di portare equilibrio dove non sembravano esistere regole compositive. L'eccesso di colore veniva collocato e modellato in modo totalmente diverso rispetto ai lavori su tela o supporti lignei, dove ho dato volutamente rilevanza alle geometrie suggerite dal design, dall'architettura in genere, mista ai volumi creati e misurati secondo le regole derivanti dagli insegnamenti classici. Si è determinato un dualismo artistico necessario, che potesse soddisfare l'esigenza di sentire estranee e distaccate queste due tecniche.  Con il tempo il mio rapporto con entrambi i canali espressivi è mutato. Seguo il movimento del colore, seguo l’equilibrio compositivo naturale, “ascolto” la materia che disegna lungo la direzione che ho indicato. Nelle opere di grandi dimensioni invece, la direzione segue il supporto, l'intreccio, la trama ... li stringo, aggrovigliandoli, li intreccio volontariamente, misurandone i veri limiti.

23.01: L'universo ricreato nel particolare, lo studio della cellula che coincide con lo studio di un intero organismo, di tutti gli organismi. Nelle tue opere il rapporto con la Natura, e con la materia, si configura come la traduzione del concetto di crescita organica, di generazione, di cambiamento. Lo percepisci come processo cosciente, culmine di un'analisi della realtà e del tuo rapporto con essa, o è la vita stessa che fluisce automaticamente nel gesto, secondo un processo intuitivo, naturale?

A.T.: Sicuramente l’intuizione è una componente molto forte, ma considero l’Arte la scienza perfetta. Non ho mai cercato nell’arte spiegazioni o suggestioni personali, perché sono inscindibili dal vissuto individuale. Attribuire all’opera il compito di esprimere la sfera emozionale individuale è riduttivo, banale. L'Arte non ha bisogno di noi per essere. Probabilmente dal mio stesso pensiero di Arte come visione unica, eterna ed originale, prende forma questa materia organica, questa struttura cellulare. Nel tempo le somiglianze con il processo vitale, al quale la logica non manca mai, sono aumentate.

23.01: Il colore. Come scegli la tinta dominante? Il bianco è ricavato o aggiunto?

A.T.: Il bianco è aggiunto, raramente ricavato. Luce, smalto, calcificazione, lava, lampo.

23.01: La soluzione compositiva, indipendentemente dalla serie di opere pressa in esame, appare invariabilmente classica, solida, bilanciata. L'effetto e l'impatto restano però molto forti, quasi barocchi nel gusto per la sorpresa e nella ricchezza di forme. Questa duplice presenza di rigore e "fulgore" da che cosa è determinata?

A.T.: La duplicità si origina dai principi classici nella mia formazione, che nei primi anni è stata fortissima, determinante. Si può dire che ha modificato il DNA artistico. Una grande influenza viene dalla maestosità delle forme architettoniche, dal fatto che qualsiasi composizione è diventata per me schema, Struttura.

23.01: Dal Postmodernismo in poi definire o definirsi è diventato inusuale. Personalmente ritengo invece che una chiarezza di intenti, un proprio manifesto, per così dire, sia funzionale a distruggere e ridefinire, ogni volta, i limiti che ci si impongono, valorizzando la propria ricerca artistica, approfondendola, superandola. Gli esempi sono molteplici e notissimi nella storia dell'arte, e sappiamo che è il meccanismo stesso della creatività ad attivarsi proprio in presenza di una maggiore struttura teorica, di una gabbia dalla quale evadere, solo dopo però aver percorso ogni centimetro dello spazio al suo interno. Le tue opere sono estremamente caratterizzate e riconoscibili. Quindi ti chiedo, questa volta, di etichettarti. Che tipo di pittura è la tua? Cosa ti proponi ogni volta che affronti una superficie, una serie, un soggetto?

A.T.: Quando ho davanti una superficie il mio primo pensiero è scoprire cosa è realmente, "chi” è, cosa avrà da dire. Sicuramente il suo linguaggio prenderà forma attraverso equilibri compositivi e cromatici, ma lo farà superando qualsiasi classificazione. Non mi considero classificabile, né collocabile. Mentre disegnavo figure classiche assimilavo i colori di Delaunay. Ai volumi classici ho contrapposto il Bauhaus, e ad un certo punto ho infranto tutte le regole. Ho sempre pensato che fosse restrittivo classificare, specie categorizzando per similitudine, per somiglianza. Antropologicamente apparteniamo ai 100 anni che hanno preceduto la nostra nascita, per cui è facile trovare evidenti i segni della generazione artistica che ci ha preceduto. Per quanto mi riguarda l'arte è sinonimo di unicità e universalità.

Irene Marini per Ventitre01 - Tutti i diritti riservati

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